Orfani Terra: la libertà è un processo complesso

Orfani Terra: la libertà è un processo complesso

Durante la tappa barese dell’Orfani: Terra Tour, lo sceneggiatore, disegnatore e co-creatore di OrfaniEmiliano Mammucari – ha dichiarato: “Volevamo raccontare cosa accade dall’altro lato del mondo” ed è proprio questo che Orfani: Terra ci offre: un diverso punto di vista, durante la desolazione post-apocalittica che segue gli eventi della prima stagione, il punto di vista di chi la speranza non la perde mai.

Terra è forse la stagione di Orfani che, dopo un primo accenno oscuro e ricco di tensione, ci regala le ambientazioni più chiare possibili – da Seminare tempesta a Oltre il muro -, pagine vissute con la perenne ansia di dover fuggire dall’oppressore, ma con l’eterna speranza della giovane età, che spingerebbe chiunque a non lasciarsi scappare un solo, minuscolo, momento per gioire.
Forse i protagonisti non formano un gruppo del tutto coeso, forse le loro priorità cambiano in ogni istante, a seconda dei loro stati d’animo, ma ci regalano una dimostrazione di forza di volontà incredibile, simbolo degli ultimi sprazzi della volontà di Ringo, che aleggia fra tutti coloro che non vogliono rinchiudersi all’interno delle mura e di una resa psicologica che renderebbe chiunque inerme di fronte alle minacce di uno schiavista.
Se c’è un momento in cui la presenza e la volontà di Ringo si sentono più forti di qualunque altro, è quello in cui i ragazzi si ritrovano dinnanzi al – come lo chiama RatMonumento alla Libertà: una semplice pila di rifiuti, composti da autovetture, autobus e pezzi di ferraglia, con in cima un velivolo della Resistenza, guidata proprio dal Pistolero durante gli eventi che anticipano la seconda stagione di Orfani: Ringo.
Il Monumento alla Libertà è forse il simbolo più importante visto in Orfani: Terra, un simbolo apparentemente pieno di speranza, collocato – paradossalmente – in un campo schiavista, proprio dove i protagonisti incrociano le loro vite per la prima volta, regalando un incredibile colpo d’occhio, prima vera e propria dimostrazione di un palese barlume di speranza in Orfani.  

La forza di sopravvivenza e l’obbligo di dover convivere con gli altri, non cambiano comunque il carattere di Cain – primo personaggio comparso in questa quinta stagione – vero e proprio leader non proclamato dal gruppo, ma che si ritrova spesso a rubare un ruolo che dovrebbe apparentemente appartenere a Max, visto il reverenziale rispetto che il gruppo porta nei suoi confronti.

Sono proprio le ambientazioni, estremamente colorate e luminose in molti punti e che lasciano ben presagire il futuro dei ragazzi, (nonostante i continui picchi di tensione) che gli sceneggiatori – Emiliano Mammucari, Matteo Mammucari, Giovanni Masi e Mauro Uzzeo – vogliono regalarci, per colmare il vuoto lasciato dalla speranza nei capitoli precedenti, insegnandoci allo stesso tempo che purtroppo non tutto può sempre procedere nel verso giusto.
Esempio lampante di questo pensiero, il silenzioso rapporto che intercorre fra Cain e Miranda, nonostante l’apocalisse che li circondi, il bisogno viscerale di legarsi sentimentalmente a qualcuno, un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi fra gli eventi presenti e la speranza per il futuro incerto. 

Un particolare sguardo va dato alle copertine – disegnate da un fantastico Gipi – che, al contrario, non celano alcun segno di speranza, bensì un perenne stato di tensione sul volto dei protagonisti. Le copertine appaiono particolarmente reali anche nei colori, esaltando il metallo e la ruggine, componenti fondamentali per una storia in chiave post-apocalittica.
Dando un occhiata al retro della copertina del terzo volume, non possiamo che percepire il senso d’angoscia per la frase scelta – frase di Grégoire Lacroix – che ci trasporta in uno stato d’animo vicino a quello provato dai ragazzi all’interno del campo schiavista, ma anche estremamente attuale, vista la tensione fra U.S.A. e Messico, per la costruzione di un muro tanto inutile quanto clamoroso: 

Una cosa mi inquieta: se il Paradiso ha una porta, significa che ci sono dei muri.

Michelangelo Milella

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